
Nel 1964 Germana Marucelli, sentendo l’esigenza di rinnovare i propri spazi, abbandona la sede storica di corso Venezia 18 per trasferirsi di fronte, al numero civico 35, e affida la progettazione dei nuovi spazi all’artista Paolo Scheggi.
Durante l’inaugurazione del nuovo atelier, il 7 ottobre 1964, viene presentato al pubblico il volume di Fernanda Pivano Le favole del ferro da stiro, la prima monografia dedicata all’amica e grande creatrice di moda Germana Marucelli. Il libro, sospeso tra la familiarità della fiaba e la liricità del mito, narra la vicenda umana e artistica della sarta intellettuale. La stampa di settore segue l’evento con interesse e curiosità:
«L’abbiamo ripetuto tante volte: Germana Marucelli precorre i tempi (…). L’ultima impresa di questa donna coraggiosa è la nuova sede del suo atelier, inaugurata pochi giorni fa con un cocktail per gli amici e le clienti. Una bella, moderna sede, bianca, luminosa (…). Fra le coppe di champagne e gli applausi degli invitati, un po’ commossa e giustamente soddisfatta, Germana ha distribuito agli “intimi” un libretto intitolato: “Le favole del ferro da stiro”. È la storia avventurosa della sua vita, raccontata da Fernanda Pivano».
“Il giorno”, ottobre 1964
Le uniche variazioni spaziali previste e necessarie per la fruizione del luogo sono i paraventi laccati e le porte scorrevoli in acciaio. Moduli intercomponibili, dunque, con i quali trasformare lo spazio e renderlo agevole anche per gli innovativi défilé. Le modelle, infatti, non sfilano più tra il pubblico, ma è il fruitore a seguirle nel loro alternarsi sulla pedana cubica, invertendo così le logiche del tempo. Sagomate dalla luce, inoltre, esse paiono come sculture viventi, da ammirare. Una novità assoluta per l’epoca e la stampa di settore ne rimarca l’eccezionalità.
«Ma la cosa più riuscita e più geniale è la pedana per l’esposizione: in fondo, al centro del salone, c’è un enorme dado nero illuminato dal dietro con riflettori cinematografici. A una a una, le mannequin salgono sulla pedana e il modello prende un rilievo e una importanza grandissimi: piccole statuine che si ammirano anche nei minimi particolari».
“Il giorno”, ottobre 1964