
Germana Marucelli
esordi
Audace e dallo spirito indipendente, nel 1932 apre la sua prima sartoria a Genova per poi trasferirsi a Milano che diventerà presto la sua nuova sede operativa.
Durante il periodo bellico, a Stresa dove si trova sfollata, inizia a elaborare un linguaggio stilistico personale che la porterà a creare linee innovative e da molti considerate anticipatrici del New Look di Christian Dior.
«Riaffermando con brevi, commosse parole la sua fede in una moda italiana pensata con gusto e con spirito nostrano e quindi più adatta alle nostre abitudini di vita, Germana Marucelli ha presentato una collezione di modelli che porta indiscutibilmente l’impronta di una decisa personalità. Germana Marucelli non attinge alcuna ispirazione a Parigi e crea dunque con piena libertà di spirito».
Vera, in “Bellezza”, 1949
i rapporti con l’arte e la cultura
Contemporaneamente al salotto culturale, fonda il premio San Babila (1947-1952), un riconoscimento alla poesia da lei voluto e sostenuto. A partire dal 1948, prima della nascita ufficiale della moda italiana, Germana Marucelli inaugura fertili collaborazioni con artisti coinvolgendoli direttamente nell’ideazione delle sue creazioni.
la ricerca stilistica
Sono la sua sensibilità alle ingerenze del tempo e la sua continua attenzione all’universo femminile a condurla verso sempre nuove soluzioni e ad avviare rivoluzioni nell’ambito della moda. Nel 1950 rileva la storica sartoria Ventura di Milano che le consentirà il passaggio da una produzione locale a una internazionale. Lo stesso anno partecipa alla manifestazione Moda Europa a Monaco di Baviera come unica Casa di moda ambasciatrice dello stile italiano all’estero. Così, antesignana per eccellenza del Made in Italy, sin dagli anni Quaranta affianca Giovanni Battista Giorgini nella sua campagna d’incoraggiamento dei sarti più creativi nel promuovere uno stile proprio. Partecipa con entusiasmo ai primi eventi che scandiscono l’esordio della moda italiana: su invito di Giorgini stesso presenta a Firenze i propri modelli, prima, nel febbraio 1951, a Villa Torrigiani, nonché al Grand Hotel nel luglio 1951 e nel gennaio 1952 e poi, nel luglio 1952, alla Sala Bianca di Palazzo Pitti.
Germana Marucelli, nelle sue collezioni, incarna perfettamente l’animo femminile del tempo «in continuo e costante cambiamento», come nessun altro prima di lei aveva osato.
«Germana (…) assisté al lancio internazionale di Dior col fiato mozzato. Il fiato non le si mozzò perché un’invenzione sua portava il nome di un altro, forse in seguito a una coincidenza singolare; le si mozzò di fronte alla conferma che i suoi presentimenti erano stati giusti (…). Le si mozzò perché capì di aver dimostrato a se stessa che in realtà non aveva bisogno di Parigi: la sua sensibilità, la sua inventiva, la sua fantasia erano altrettanto capaci di quelle di Parigi a inventare una linea tale da imporsi sul gusto di tutto il mondo. In quel momento, che la linea fosse firmata da Dior o da lei non le importava: le importava che tutte le donne di tutto il mondo si vestissero come lei aveva immaginato che si dovessero vestire».
Fernanda Pivano
«Si divertiva sempre di più a frequentare amici che ormai erano fedeli e le creavano attorno l’atmosfera necessaria all’attività di qualsiasi mente creativa. Le sue riunioni diventarono settimanali e a soggetto; ogni settimana veniva invitato un personaggio a tenere una breve conferenza sulle sue esperienze di lavoro o d’arte. L’intuito che Germana usava nell’inventare linee e modelli con qualche anno d’anticipo sulle decisioni della moda internazionale, lo usò anche nella scelta dei conferenzieri: sfogliare l’elenco è come ritrovare i nomi oggi famosi (ma allora sconosciuti e spesso osteggiati dalla critica ufficiale) della nostra cultura contemporanea».
Fernanda Pivano
«Germana (…) ha avuto da madre natura (…) la dote o l’intuito di saper ideare, con anticipo spesso di mesi e persino di anni, quello che la moda sarebbe venuta imponendo. È, questa, una delle sue qualità principali. Quando ancora non si parlava di pantaloni sotto la sottana, fu lei a idearli; quando nessuno immaginava che si potesse concepire un abito eguale o simile per i due sessi, fu lei a presentare in una sfilata delle coppie che rivestivano identici abiti, di identici tessuti (…)».
Gillo Dorfles
premi
«(…) queste figurine rispondono a un preciso disegno unitario: sono prodotti autoctoni, derivati da una lunga meditazione che Germana ha compiuto su se stessa e sugli altri. Quegli “altri” – anzi quelle altre – che, per tanti anni, ha aiutato a esprimere (…). E Germana, ideando le sue creazioni (…), ha sempre avuto presente questo impegno: di dare una forma all’informe (…)».
Gillo Dorfles
Nel 1972, all’apice della carriera, Germana Marucelli si ritira dalle scene del fashion system senza rinunciare però alla sua passione per la moda. Produce abiti in esclusiva per le sue clienti fedeli, crea una scuola di cucito e stile per bambine e nel 1974 realizza preziose tavolette auree dal nome suggestivo, Le presenze, sintesi del suo percorso.