«Germana (…) ha avuto da madre natura (…) la dote o l’intuito di saper ideare, con anticipo spesso di mesi e persino di anni, quello che la moda sarebbe venuta imponendo. È, questa, una delle sue qualità principali. Quando ancora non si parlava di pantaloni sotto la sottana, fu lei a idearli; quando nessuno immaginava che si potesse concepire un abito eguale o simile per i due sessi, fu lei a presentare in una sfilata delle coppie che rivestivano identici abiti, di identici tessuti».
Gillo Dorfles

moda e sentimento del tempo

Attenta conoscitrice dello stile e dell’animo femminile, con i suoi capi ha anticipato tendenze e stili. Tra le sue collezioni più importanti e che hanno segnato una svolta nel panorama della moda figurano le linee: Gentile (dal 1943 al 1949), Plissé (dal 1949 al 1950), Impero (dal 1950 al 1952), Fraticello (1954/55), Crisalide (1956/57), Pannocchia (1957), Vescovo (1960), Assira (1962), Scollo a tuffo (1963), Optical (1965), Unisex (1966/67), Totem (1967/68), Alluminio (1968/69) e Saio (1971).

«L’invenzione della sua linea antimilitaresca, col corpino gentile senza imbottiture e la gonna morbida e larga, non era di carattere diverso dall’invenzione del neorealismo cinematografico: entrambe nascevano da una stessa esigenza di autoaffermazione e di autoliberazione: di aderenza alla realtà della nuova vita italiana».
Fernanda Pivano

«(…) presentava a Milano i suoi primi modelli ispirati all’arte rinascimentale (…) organza in cui il plissé si assimila alle scanalature delle colonne classiche. E questo riferimento alla tradizione storico-artistica come fonte di idee e garanzia di qualità trova piena corrispondenza nelle parole della Marucelli, quando riafferma la fiducia nella moda nostrana (…)».
A. Fiorenti Capitani e S. Ricci

«La vera novità è stata rappresentata dalla linea Impero sulla quale era stata impostata l’intera collezione di Germana Marucelli. Alla definizione “Impero” la donna del 1951 può sentire una certa diffidenza che, va detto subito, è del tutto sbagliata perché si tratta di una interpretazione aderente al nostro tempo e alle nostre esigenze: la vita alta non cancella quella naturale, e l’applicazione di uno “stile” anche ai pezzi più sportivi può rassicurare sull’armonia
e sulla misura».
“Donna”, settembre 1951

«Germana Marucelli imposta tutta la collezione sulla linea “Fraticello” di netta ispirazione quattrocentesca. I colori, molto interessanti, sono ispirati dagli affreschi o, specialmente sul drappo leggerissimo, riproducono fedelmente l’effetto della pittura sul muro. Troviamo così il rosso Paolo Uccello, il verde Masaccio e gli azzurri Beato Angelico. A questi toni spenti e raffinati Marucelli aggiunge una ricca gamma di grigi, di azzurri acciaio, rame verde e bronzo».
“Il potere della stampa”, luglio 1954

«La “crisalide” è la linea “scoperta” dalla Marucelli che, per essere una letterata, tratta stoffe ed altre faccende del genere come se fossero racconti o poesie. Questa linea si sviluppa in un logico passaggio dal bruco alla farfalla ma, da chiarire, è il fatto che la cosa non si riferisce per niente al carattere femminile, anzi sta a stabilire l’eterna leggiadria e l’eterna sfaccettatura dell’eterno femminino».
“La Prealpina”, settembre 1956

«Germana Marucelli ha sempre “sentito” il suo lavoro come vera espressione d’arte. Vestire una donna vuol dire per lei cercare l’esatta corrispondenza, che esiste sempre, ma che non a tutti è dato trovare, fra linee e colori, in modo che nulla sia casuale, nemmeno una piega od un bottone, ma tutto si fonda in una sensibile e viva armonia. (…) Anche la nuova linea “Pannocchia” nasce da un’esigenza di modernità, di stilizzazione, di movimento: ne deriva una collezione originale, ma non stravagante; ricca di brio ma anche di logica costruttiva; ardita, ma non astratta».
Marisa Rusconi,
in “Alto Adige”, marzo 1957

«Già, l’arte e la moda sono un anello le cui estremità si toccano. La prima ispira la seconda e la seconda poi, la prima. I piviali dei vescovi hanno suggerito allo scultore Manzù di creare delle forme bellissime perfettamente chiuse e armonicamente compiute. La sarta Germana Marucelli a sua volta si è ispirata ai cardinali di Manzù per la sua applauditissima collezione. Piccole donne con alte mitre sul capo e le spalle inesistenti coperte da cappe severe e preziose, hanno sfilato come fragili idoli».
Eleonora Mattei,
in “Vie Nuove”, febbraio 1960

«Sin dal 400 ed è a questa epoca che mi riferisco spiritualmente – ci ha detto la sarta – il paggio era un ragazzo che veniva iniziato alla “vita cavalleresca”: i miei paggi – uno studente di architettura francese, un americano specializzato in autostop e due italiani – più che ribelli sono dei ragazzi di buon gusto e di buona educazione, capelloni ma non troppo, vestiti con fantasia ma secondo una scelta di taglio e di stile».
Pia Soli, “Il mattino”, luglio 1966

«La linea Totem acquista splendore in magnifici abiti da sera che sono apparsi la cosa più bella della famosa sarta milanese, ritratta da Campigli: allora
il conturbante disegno del totem brilla
di pietre o di paillettes, ora su sfondo sabbia, ora azzurro in toni inediti fra
il ruggine e il verde malato, fra
l’ametista e il turchese».
Lucia Sollazzo, “Il gazzettino Veneziano”, luglio 1967